Pesci contaminati da microplastiche? Ecco cosa fare

Acque inquinate=pesci contaminati, i quali giornalmente arrivano sulle tavole di miliardi di persone in tutto il mondo. E’ risaputo che il pesce è una delle proteine più importanti per la salute umana. Molte specie, tra cui salmone e tonno bianco, contengono fonti importanti di acidi grassi omega-3 ed EPA e DHA, fondamentali per l’integrità del cuore e del cervello.

Naturalmente, un pesce sano deve avere un’alimentazione sana, un po’ come tutte le specie viventi sulla terra. Se ingurgita le cosiddette microplastiche, le quali misurano 5 millimetri o meno di un diametro, non potrà mai essere un alimento salubre per chi lo consuma spesso. Queste microplastiche provengono principalmente da oggetti di plastica più grandi, suddivisi da vento, onde e luce solare. Alcune di esse sono come delle piccole palline chiamate “nurdles”.

Lo scorso anno, l’ONU affermò che gli oceani contengono 500 volte in più di microplastiche delle stelle presenti nella Via Lattea. La loro presenza è stata rintracciata anche nelle acque dolci. Tutto ciò in cosa si traduce per l’essere umano? La microplastica non è visibile, quindi non può essere scartata. La carne dei pesci assorbe sostanze chimiche nocive, come PCB e metalli pesanti.

Certamente, non bisogna rinunciare al consumo di pesci e frutti di mare. Servono ancora ulteriori ricerche che approfondiscono il modo in cui il pesce contaminato influisce sulla salute umana e se i benefici superino i potenziali rischi.

È possibile ridurre ulteriormente tali rischi mangiando pesci più piccoli. La plastica e le tossine possono viaggiare lungo la catena alimentare. Quindi, mangiare pesci che consumano principalmente piante o alghe, come aringhe e sardine, piuttosto che quelli che si cibano di altra fauna marina, come tonno e halibut.

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