L’ingresso del coronavirus in Italia, arriva la ricostruzione

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Coronavirus (Getty Images)

Dopo l’esplosione del coronavirus in Italia tra Codogno, Castiglione d’Adda e Casalpusterlengo, i sanitari hanno ricollegato tra loro decine di pazienti

Come spiega il quotidiano La Repubblica, dopo l’esplosione dell’emergenza tra Codogno, Castiglione d’Adda e Casalpusterlengo, in Lombardia, i sanitari hanno ricollegato tra loro decine di pazienti, non solo anziani. Questi ultimi da metà gennaio “sono stati colpiti da strane polmoniti, febbri altissime e sindromi influenzali associate a inspiegabili complicanze”. Come detto, il primo caso accertato è il 38enne di Castiglione, che ha diffuso il Covid-19 nell’ospedale del primo ricovero a Codogno. Lo ha diffuso tra coloro che ha frequentato per giorni una volta infetto, al lavoro a facendo sport. Ma i casi, come sospettano i ricercatori, potrebbero essere anche antecedenti a quello del 38enne. I casi di polmoniti ‘anomale’ registrate a gennaio non sono state riconosciute come casi di coronavirus. Ciò perché purtroppo nessun elemento previsto dai protocolli sanitari internazionali l’ha ricondotto “a fattori estranei alla stagionalità”.

Coronavirus in Italia, la ricostruzione

“Eravamo tutti convinti – spiega a La repubblica Alberto Gandolfi, medico di base in quarantena a Codogno con vari assistiti infetti – che quelle polmoniti fossero favorite da freddo e assenza di pioggia. Rivelate dalle lastre, sono state curate con i consueti antibiotici”. Ora il quadro è cambiato e la verità emerge da cartelle cliniche e ricette farmaceutiche di tutti i pazienti della zona rossa, che per oltre un mese sono stati curati per influenze e polmoniti. La maggioranza è guarita, ma nel sangue sono rimaste le tracce degli anticorpi contro il Covid-19. “Tra giovedì 20 e lunedì 24 febbraio – spiega uno dei ricercatori – siamo improvvisamente passati da zero a oltre 200 casi di coronavirus tra 50 mila persone di un unico territorio. Effetto di tamponi fatti a tappeto, ma una simile accelerazione non ha precedenti nemmeno in Cina e non trova riscontri nei tempi d’incubazione del Covid-19″.

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