Covid-19, l’accusa dei medici della Lombardia | I 7 gravi errori di Fontana

I medici della Lombardia puntano il dito sul presidente della Regione, Attilio Fontana, accusato della presunta mala gestione dell’emergenza Covid-19

Covid-19 medici Lombardia gravi errori Fontana
Attilio Fontana (Getty Images)

Secondo la Fromceo (Federazione degli ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia), non ci sarebbe stata una gestione opportuna dell’emergenza Covid-19 durante la prima fase dei contagi. L’accusa è indirizzata direttamente alle istituzioni della Regione e quindi al suo presidente Attilio Fontana.

In particolare sarebbero stati commessi 7 gravi errori. Tutto questo messo nero su bianco in una lettera inviata al Governatore, all’assessore al Welfare, Giulio Gallera, e ai direttori delle aziende sanitarie. Nella missiva si legge. “A fronte di un ottimo intervento sul potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, per altro in larga misura reso possibile dall’impegno e dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari – si premette – è risultata evidente l’assenza di strategie relative alla gestione del territorio“.

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Covid-19, i medici elencano i presunti 7 errori della Regione Lombardia

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Attilio Fontana (Getty Images)

Gli errori commessi dalle istituzioni lombarde non riguarderebbero solo la gestione del territorio, ma anche la protezione degli operatori sanitari, la mappatura dei contagi per via anche della decisione di limitare il numero dei tamponi nonché l’indecisione sulla chiusura di alcune zone rosse. La situazione non sarebbe delle migliori. In particolare i 7 errori sarebbero i seguenti:

  • la mancanza di dati sulla diffusione dei contagi a causa della scelta di effettuare i test solo alle persone ricoverate e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I numeri sarebbero sempre stati indicati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” mentre il tasso di mortalità sarebbe sempre stato calcolato basandosi sul numero dei pazienti ricoverati e non su quello reale dei contagiati, il cui numero potrebbe aver raggiunto i 5-6 milioni di casi, perciò nel nostro Paese la percentuale di mortalità è così elevata rispetto agli altri;
  • l’indecisione nella chiusura di alcune aree a rischio;
  • la gestione confusa della realtà delle Rsa e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane: nella sola provincia di Bergamo, 600 morti su 6.000 ospiti in un mese;
  • la mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, continuità assistenziale e medici delle Rsa) e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia;
  • la pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti, eccetera);
  • la mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio;

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Attilio Fontana (Getty Images)
  • il mancato governo del territorio che ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero.
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