La rabbia di un medico: “Il 4 maggio non va percepito come un liberi tutti”

Un medico di Torino che da settimane è impegnato nella lotta al coronavirus ha lanciato un appello affinchè non si percepisca il 4 maggio e la fase 2 dell’emergenza come “un liberi tutti”.

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Sono numerose le testimonianze da parte dei medici e del personale sanitario che ogni giorno dall’inizio dell’emergenza sta affrontando con coraggio la battaglia contro il coronavirus diffusosi nel nostro Paese. L’ultima arriva da Torino dove lavora Isabel, medico in servizio da febbraio presso il pronto soccorso dell’ospedale Molinette che ha raccontato la drammatica situazione che sta vivendo in queste settimane.

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L’appello di un medico di Torino: “Il 4 maggio non va percepito e vissuto come un liberi tutti”

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COVID 19 (Getty Images)

Una testimonianza drammatica quella di Isabel, medico di Luserna San Giovanni in servizio da febbraio presso il pronto soccorso dell’ospedale Molinette di Torino. Il medico che da giorni è in prima linea nella battaglia al coronavirus, nella seconda regione più colpita d’Italia dopo la Lombardia, ha raccontato la sua esperienza. Isabel, come riporta la redazione di Repubblica, afferma di non tornare a casa da ormai quasi due mesi, dal 2 marzo, perché nonostante abbia indossato tutti i dispositivi di sicurezza e non abbia mai mostrato sintomi di contagio non vuole mettere a rischio la salute dei propri familiari. “Ho la residenza a Luserna – spiega il medico, come riporta Repubblica- sarei potuta tornare e se mi avessero fermato, avrei potuto esibire il tesserino dell’Ordine dei medici e affermare di star rincasando. Non l’ho fatto, per rispetto: delle leggi, del prossimo in generale e delle persone a me care“.

Il medico, affermando di non voler farsi pubblicità e di non averlo fatto, prosegue raccontando di non aver mai pubblicato sui social immagini che la ritraessero a lavoro. “Ricordo  perfettamente il 9 marzo, quando sono arrivati a catena i tamponi, tutti positivi: è stato come essere investiti da un’onda. Ho pensato immediatamente ai miei cari, che fortunatamente erano lontani da lì. È dura stare lontano da casa, ma quello che mi da la forza per andare avanti è sapere che i miei affetti sono al sicuro“. Isabel ha poi raccontato di aver la sensazione che la gente essendo stufa della quarantena non stia rispettando le regole non vedendo l’ora che sia il 4 maggio per poter riprendere la vita normale. “Mi fa tanta rabbia, è una mancanza di rispetto verso sé stessi e tutta la collettività, un segno di incapacità ad adattarsi e di egoismo“. Il medico torinese racconta poi di aver visto gente sull’autobus non rispettare le distanze di sicurezza, a cui si aggiungono le persone che ogni giorno violano le norme di contenimento, probabilmente perché in molti non hanno la percezione del rischio. “Si sentono falsamente al sicuro adottando comportamenti che mettono a rischio se stessi e gli altri“.

Parlando del lockdown e della propria esperienza, la dottoressa si è chiesta se fosse una delle poche persone a rispettare le regole, spiegando di comprendere le difficoltà che in molti stanno vivendo soprattutto in termini economici.  “So che è dura per i piccoli commercianti, chiusi da due mesi, per gli operai in cassa integrazione, per i genitori che non sanno più come intrattenere i figli, per i bambini strappati dalla loro quotidianità ed ostacolati nel loro processo di crescita e socializzazione. È dura restare in famiglia per chi non ha una famiglia accogliente, perché in questa situazione il pericolo non è fuori, ma dentro casa“. Il medico ha poi proseguito, come riporta Repubblica, raccontando come sta vivendo la quarantena, fuori da lavoro tra un libro, alcuni esercizi in casa e le foto alla strada per non abbandonare del tutto la passione della fotografia.

Infine Isabel, che non si ritiene né un eroe nè un martire, conclude lanciando un appello: “Il 4 maggio –riporta Repubblica- non va percepito e vissuto come un liberi tutti e un ritorno alla normalità. Il virus continua a circolare e non guarda in faccia nessuno: si propaga, seguendo quella che è la sua natura“. La dottoressa spiega che bisogna essere flessibili metabolizzando il fatto che la vita non sarà più quella di prima.

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Quella di Isabel è l’ennesima testimonianza di chi ogni giorno sta mettendo a repentaglio la propria salute per salvare i pazienti, ed in molte occasioni pagando con la vita il loro sacrificio.

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