Medico in prima linea contro il Covid: “Il pensiero dei morti mi toglie il sonno”

Il dottor Marcello Carminati, primario di chirurgia plastica dell’ospedale di Bergamo, è stato raggiunto dalla redazione di Bergamonews al quale ha parlato della sua esperienza di gestione dell’emergenza e della cura dei pazienti Covid.

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(Getty Images)

Marcello Carminati, primario dell’Unità di chirurgia plastica dell’ospedale di Bergamo, ha parlato ai microfoni di Bergamo News della sua esperienza di lotta in prima linea contro il coronavirus. Un racconto drammatico il suo, che parla di come l’emergenza lo abbia segnato, di come la vista di pazienti deceduti in solitudine gli stiano facendo trascorrere notti insonni.

Marcello Carminati, medico in prima linea contro il Covid: “Ricordi indelebili”

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(Getty Images)

Sono parole toccanti, drammatiche quelle del dottor Marcello Carminati dell’Ospedale di Bergamo. Lui che in piena emergenza ha combattuto contro il Covid rimarrà segnato per sempre da quello che ha visto. Lo ha dichiarato alla redazione di Bergamonews la quale ha raccolto la sua testimonianza. Il bergamasco è stato uno dei territori più colpiti dal Paese. Pertanto in molti i medici che nonostante le loro specializzazioni si sono riadattati nei ruoli. Tra questi appunto il dottor Carminati, il quale ha dichiarato: “I ricordi di quelle terribili settimane sono indelebili: il pensiero delle persone che sono morte sole mi commuove e toglie il sonno“.

Bergamo è stata colpita da una violenta ondata di contagi, incontrollabile, che ha stravolto la quotidianità dei cittadini, nonché la vita professionale degli operatori sanitari. Il dottor Carminati racconta a Bergamonews che prima dell’indizione del lockdown nell’aria si avvertiva che qualcosa di grave era in procinto di accadere. La comunità bergamasca, dopo l’annuncio del primo caso a Codogno, ha iniziato a vivere in una sorta di limbo. Dai reparti in prima battuta interessati, arrivava notizia che il Pronto Soccorso iniziava ad intasarsi. Ma, aggiunge Carminati, il vero allarme si è verificato 10 giorni dopo. Agli inizi del mese di marzo la struttura sanitaria ha convocato una riunione ed ha reso edotto il personale medico di quanto stesse accadendo.

Carminati, riporta Bergamonews ha affermato nello specifico: “Il comitato di crisi istituito dalla direzione ci ha spiegato quello che stava succedendo e ci ha chiesto collaborazione perchè il Coronavirus si stava diffondendo rapidamente come una macchia d’olio“. Il dottore dice di ricordare bene le parole dell’Ospedale: “Siamo in guerra e bisogna salvare il maggior numero di persone“. Un inciso che il dottor Carminati dice non dimenticherà mai. Tornato a casa, infatti, comunicò ai propri cari che si sarebbe isolato. Non aveva  sintomi, eppure la ritenne la scelta più idonea per preservare dal contagio la propria famiglia. Una scelta che fu un gesto di responsabilità.

Il dottor Carminati aggiunge che l’incontro con l’Ospedale è avvenuto prima del lockdown, quando il Paese non aveva ancora ben contezza della portata dell’epidemia.

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Carminati: “A Bergamo l’emergenza è stata agghiacciante, un bollettino di guerra ogni giorno

Una “chiamata alle armi” l’ha definita il primario di Chirurgia Plastica alla quale prontamente tutti hanno risposto con coraggio. La paura iniziale “ha subito lasciato spazio alla volontà di dare il proprio contributo in questa battaglia: abbiamo rispolverato i libri e pragmaticamente – dichiara Carminati a Bergamonewsci siamo detti che non eravamo soli ma avremmo potuto contattare qualche pneumologo che avrebbe potuto darci indicazioni nel caso ne avessimo avuto necessità“. L’Ospedale di Bergamo ha agito in maniera eccezionale. Le sue parole diventano poi drammatiche: “A Bergamo l’emergenza è stata agghiacciante, soprattutto dall’8 al 25 marzo. Un bollettino di guerra ogni giorno. Era una corsa contro il tempo e gli spazi perché i posti in rianimazione andavano aumentati e c’erano da allestire nuovi reparti Covid“.

A stringere il cuore, le sue dichiarazioni quando gli viene chiesto come ha personalmente vissuto quei momenti: “Dopo un primo sgomento, ho avuto tanta voglia di dare una mano nell’affrontare l’emergenza. Poi mi sono infettato, fortunatamente senza molti sintomi ma sono dovuto rimanere a casa in isolamento“. La paura provata non era tanto per stesso. All’inizio vero è che ha pensato di poter morire, ma quando le sue condizioni di salute sono migliorate, il timore è svanito. La sua preoccupazione era solo quella di non poter aiutare i colleghi.

A colpire maggiormente il professor Carminati è stato il “lato umano dei malati”. “Sono stato male più volte ho pianto pensando loro. I pazienti più colpiti avevano un’età compresa tra i 75 e gli 85 anni: loro sono la generazione che ha lavorato tutta la vita e si è sacrificata prima per i figli e poi per i nipoti. Saperli malati – prosegue a Bergamonewsed a volte vederli morire in solitudine è stata la cosa che mi ha maggiormente ferito. È stato fatto il possibile, ma ciò nonostante questo mi ha tolto il sonno“. Il dottor Carminati ha poi aggiunto: “È stato doloroso non solo vedere le tante persone che morivano, ma anche il modo in cui lasciavano la vita. Sole e molto spesso lucide: erano consapevoli di ciò che stava accadendo“. Il dottore chiosa dicendo che il personale sanitario ha fatto il possibile per confortarli ed aiutarli, quasi a divenire un ponte di collegamento tra loro ed i famigliari distanti.

Epidemia a Bergamo, Carminati: “Non siamo eroi, abbiamo compiuto quello che facciamo sempre

Il Chirurgo plastico ha affermato di aver visto numerose persone andar via e le richieste che questi gli facevano erano strazianti. Dai mariti che chiedevano di dire alle mogli che le amavano, ai genitori che raccomandavano ai medici di dare ai figli da parte loro un abbraccio.

Non mancano considerazione circa la nuova fase dell’emergenza. Il dottor Carminati spiega che c’è una nuova voglia di vivere. Che dopo mesi di duro lavoro ed esperienze drammatiche pian piano si cerca di tornare alla normalità. Ciò ovviamente senza dimenticar il passato, e facendo il possibile affinché non si ripiombi nel buoi periodo appena trascorso.

I riverberi della drammatica esperienza sulla vita del dottor Carminati sono molteplici. Il Chirurgo ha dichiarato a Bergamonews che questa esperienza gli ha donato due insegnamenti: “Il primo la fiducia nella nostra versatilità unita alla voglia di fare dei colleghi e del personale infermieristico ed in secondo luogo l’importanza dell’umanità nel rapporto con i pazienti. Ad un chirurgo – chiosa-  viene spontaneo concentrarsi sulla qualità dell’intervento che deve compiere, ma un sorriso o il conforto in momenti di difficoltà è altrettanto importante”.

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Il dottore Carminati chiude la sua intervista commentando la circostanza per la quale, ora i medici vengono definiti eroi. “A me, come a tanti altri, infastidisce. Noi abbiamo compiuto quello che facciamo sempre. Tutti i giorni rischiamo la vita e sarebbe bello che ciò venisse riconosciuto non soltanto in condizioni di emergenza, e che soprattutto poi ci se ne dimentichi una volta che tutto è passato“.

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