Benigni e la moglie in tribunale: «Siamo innocenti»

Roberto Benigni e sua moglie Nicoletta Braschi sono stati ascoltati in tribunale, durante un processo a porte chiuse. «Abusi edilizi mai compiuti».

Roberto Benigni
Roberto Benigni (Getty Images)

Roberto Benigni e sua moglie sono stati ascoltati in merito al processo che riguarda un abuso edilizio nella loro abitazione romana, a Villa Appia delle Sirene. Sua moglie Nicoletta Braschi, parte offesa, si difende dalle calunnie dell’architetto Nicolino Di Battista al quale, nel 2006, la coppia aveva affidato i lavori.

«Io sono un amico di vecchia data di Veltroni, ma mai mi sarei sognato di chiedergli un favore, tanto meno illecito. Quanto dichiarato dall’architetto Nicolino Di Battista al tribunale civile di Roma è una calunnia che andrebbe punita con una condanna penale». Queste le parole dell’attore premio Oscar, che è stato sentito insieme a sua moglie in aula in tribunale, durante l’udienza a porte chiuse.

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Braschi contro Di Battista: «Nessun abuso edilizio, è una calunnia»

Benigni Braschi
Roberto Benigni e Nicoletta Braschi (getty images)

Il tutto è cominciato nel 2013 quando l’architetto Di Battista “nell’ambito di un procedimento davanti al tribunale civile di Roma su ricorso della Braschi per accertamenti tecnici preventivi sull’immobile di sua proprietà, i cui lavori di ristrutturazione venivano a lui affidati in qualità di architetto”  incolpava, pur sapendoli innocenti, la moglie di Benigni e “i funzionari comunali Luca Odevaine e Massimo Miglio di aver concorso in condotte illecite idonee a integrare il reato di abuso edilizio”.

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Benigni
Roberto Benigni (Foto dal web)

Insomma, una vera e propria calunnia fatta ai danni della famiglia dell’attore toscano. Accuse infondate? La Braschi si è difesa con grande determinazione affermando che «Odavaine e Miglio – i due funzionari di cui sopra – non sono mai venuti nel cantiere della villa oggetto di processo. Sono venuti una prima volta nel 2006, per una denuncia di abusivismo fatta da mio marito contro il nostro vicino. E una seconda volta per un muro di confine che minacciava di crollare».

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