Delitto di Cogne: dopo quasi un ventennio il caso fa ancora discutere

Annamaria Franzoni viene accusata e condannata per la morte del piccolo Samuele, il secondogenito di tre anni 

Cogne: dopo circa un ventennio ancora dubbi
(Getty Images)

La mattina del 30 gennaio del 2002 Montroz, una frazione della cittadina di Cogne, in Val d’Aosta, diventa lo scenario di un tragico evento: la morte di un bimbo, Samuele, di soli tre anni. Il bambino si trovava in camera da letto dei suoi genitori; sua madre, Annamaria Franzoni, tornata in casa dopo pochi minuti dall’aver accompagnato il primogenito Davide alla fermata dell’autobus, chiama il 118 e il medico di famiglia per allertare sulle gravi condizioni in cui verte il figlio. E’ ricoperto di sangue e respira appena.

Nell’attesa dei soccorsi, il medico di famiglia, la dottoressa Satragni, ritenendo possibile un aneurisma, lo assiste ripulendolo ma, giunto in ospedale, sarà dichiarato morto e l’autopsia ne rivelerà l’assassinio per via di 17 colpi alla testa con un corpo contundente che non sarà mai ritrovato.

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Cogne: dall’accusa alla scarcerazione della Franzoni

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L’accertamento della morte di Samuele, a causa dei 17 colpi ricevuti sul cranio, apre la via a tutta una serie di indagini ed ipotesi di colpevolezza che, in prima battuta saranno rivolte contro quanti, a vario titolo, potevano avere motivi di rivalsa nei confronti della famiglia Lorenzi ma che si concentreranno, nel giro di poco tempo, su Annamaria Franzoni, madre del piccolo.

A destare sospetti, oltre al comportamento anomalo adottato ancor prima che il figlio fosse dichiarato morto, le contraddizioni emerse dalle sue dichiarazioni. Quella mattina avrebbe lasciato Samuele in casa da solo per pochi minuti, per accompagnare l’altro figlio alla fermata dell’autobus. L’assassino avrebbe dunque agito in quel lasso di tempo, secondo la difesa. Ma nessuna traccia rinvenuta in casa condurrà ad una persona estranea. La Franzoni, accusata di omicidio, sarà seguita tra gli altri anche dall’avvocato Taormina e il caso avrà un impatto mediatico di larga portata che acutizzerà le posizioni dell’opinione pubblica, tra innocentisti e colpevolisti.

La donna sarà comunque condannata a 30 anni di reclusione. La pena sarà ridotta a 16 anni in appello e, grazie all’indulto e alla buona condotta, ulteriormente decurtata. Tra permessi e semilibertà la donna sarà nuovamente e definitivamente libera nel 2019.

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Annamaria Franzoni si è sempre dichiarata innocente rifuggendo anche da una seconda perizia psichiatrica che ne avrebbe “alleggerito” la posizione. Lo stesso Taormina, che trascinerà la sua ex assistita in un processo che culminerà con il pignoramento della villa di Cogne, dichiarerà più volte il proprio convincimento circa la sua innocenza.

 

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