Delitto Renata Rapposelli: la pittrice strangolata dal figlio

Il 9 ottobre 2017 Renata Rapposelli parte da Ancona per recarsi a Giulianova, dove vivono Simone e Giacomo Santoleri, ma non vi farà più ritorno 

 

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Renata Rapposelli, pittrice di Ancona, scompare il 9 ottobre 2017. Il suo corpo sarà ritrovato a distanza di circa un mese, il 10 novembre 2017, in un fossato lungo il corso del fiume Chienti, nelle campagne di Tolentino. La ricostruzione delle testimonianze nonché delle circostanze che l’avevano condotta a casa dell’ex marito, portano ben presto alla verità.

Simone Santoleri, figlio della vittima, vive a casa di Giuseppe, ex marito di Renata. Ben presto, emergerà un evidente dissidio rispetto a quanto da lui stesso dichiarato nel corso delle lunghe interviste rilasciate anche in televisione.

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Il pomeriggio del 9 ottobre, Renata si reca a Giulianova, in Abruzzo, dove vivono figlio ed ex marito. Renata vive in una situazione di grave disagio economico e, da quanto emergerà, reclama il denaro che per legge le spetta dal marito e che non le ha mai versato. Secondo la ricostruzione, durante una lite furiosa, Simone afferra Renata fino ad ucciderla, quindi, i due uomini avvolgono il corpo di Renata nel cellophane che, dopo due giorni, trasportano a Tolentino sulla Fiat Seicento in loro possesso.

A contraddire le dichiarazioni rese dai due, che avrebbero dichiarato di aver riaccompagnato Renata verso casa, lasciandola nei pressi di Loreto, le telecamere di videosorveglianza. Queste, infatti, hanno immortalato il passaggio della macchina lungo un tragitto diverso, in orari contrastanti con quelli dichiarati, e vicino al luogo del ritrovamento del corpo privo di vita di Renata.

I sospetti nei confronti di Simone e Giuseppe iniziano a farsi largo fin da subito, anche per via di un lapsus che Simone si lascerà sfuggire proprio nel corso delle interviste rilasciate in televisione. Le dichiarazioni rese, inoltre, sul difficile rapporto con sua madre, prima del ritrovamento del corpo, sembrano quasi profetizzare quanto i giudici stabiliranno circa il movente: “un mai sopito disprezzo per la figura materna”

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Simone e Giuseppe sono stati condannati entrambi per omicidio e distruzione di cadavere.

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