Marco Vannini, Valerio e Marina a Yeslife: “Il perdono? Passa attraverso la verità” – VIDEO

Dopo la sentenza della corte di Cassazione, 6 anni e 5 giudizi, giustizia è stata fatta. Marco Vannini,  21enne di Cerveteri, figlio unico, colpito da un proiettile nel bagno di casa della fidanzata la notte tra il 17 e il 18 maggio 2015 ora può riposare in pace.


La pena è certa: 14 di carcere per omicidio con dolo eventuale ad Antonio Ciontoli e 9 anni e 4 mesi per la moglie Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina, fidanzata di Marco.  

Noi di YesLife abbiamo parlato con i Marina e Valerio che hanno commentato la sentenza della Corte di Cassazione per la morte del loro unico figlio Marco.

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I coniugi Vannini: “Giustizia è stata fatta, ora abbiamo bisogno di vivere il nostro dolore”

caso vannini
Marco Vannini e Marina Conte (Instagram)

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Finalmente giustizia è stata fatta. Cosa avete provato quando è stata pronunciata la sentenza?

Io quando è stata pronunciata la sentenza non ero presente, nè io nè Valerio. Abbiamo sentito un forte boato, un applauso e abbiamo capito che tutto era andato bene. Ci siamo abbracciati e il primo pensiero è andato a Marco. Gli ho inviato un messaggio e gli ho dato la notizia. E poi è stata una liberazione perché quel mazzo di fiori che gli avevamo promesso finalmente glielo abbiamo potuto portare.” 

Qual’era il vostro timore?

“La nostra paura era che tornasse tutto indietro non tanto per Antonio Ciontoli che era ormai spacciato ma per il resto della famiglia. E’ una delle prime volte che viene riconosciuto un concorso anomalo in un processo. I figli non sono stati quasi mai presenti e vederli in Cassazione il tre maggio ci ha fatto specie. Era chiaro che volevano impietosire la Corte. In più sono giovani. Dentro di noi però pensiamo che anche Marco era giovane, aveva 20 anni e mille sogni nel cassetto ma per colpa loro non c’è più. Loro non si sono mai presi le loro responsabilità e hanno continuato a mentire dunque credo che ci voglia questo percorso di recupero in carcere perché ne hanno bisogno. Loro erano tutti maggiorenni e in possesso di un cellulare con cui chiamare i soccorsi o potevano chiamare noi che eravamo i genitori.”

A distanza di sei anni e dopo la sentenza della Suprema Corte sapete cosa è successo davvero quella sera? Che idea vi siete fatti? Perché non hanno mai detto la verità?

“Noi di supposizioni ne abbiamo fatte tante ma preferiamo tenercele per noi perché altrimenti sembrerebbe che noi vogliamo accusare gli altri. Di fondo loro stavano in quella casa, è partito un colpo d’arma da fuoco. La condotta successiva ha reso tutti responsabili e tutti assassini allo stesso modo perché nessuno di loro ha salvato Marco e lui poteva stare qua con noi. Se questo è successo è perché c’è un’altra verità che sanno solo loro e che in un percorso di recupero chissà se uscirà fuori. L’importante è che giustizia è stata fatta.”

I Ciontoli più volte hanno dichiarato che i giornalisti hanno fomentato la vostra rabbia nei loro confronti. E’ davvero così?

I Ciontoli scaricano le colpe sempre sugli altri. Sono loro che avrebbero dovuto prendersi la responsabilità. Loro devono capire che ci hanno ammazzato un figlio, l’unico figlio. La nostra rabbia è che all’inizio, almeno nella prima parte del processo, la verità stentava a uscire. Noi non credevamo che davanti a registrazioni ambientali così chiare, dichiarazioni e chiamate al 118 che hanno fatto rabbrividire tutta l’Italia, non si capisse cosa fosse successo.

In un’intervista sua moglie Marina ha detto che non c’è da gioire della sentenza. Riuscirete a perdonare i Ciontoli prima o poi? Loro hanno mani chiesto il vostro perdono?

Inizialmente Martina ha cercato di avere un contatto con noi che nell’immediatezza dei fatti noi non abbiamo voluto. Dopo è sparita, è venuta in udienza in primo grado di giudizio e non ci ha mai guardato. Una settimana prima della sentenza ha scritto una lettera dicendo che ha scritto ai giudici e che ci avrebbe voluto abbracciare ma lei avrebbe potuto farlo in ogni momento. Io ribadisco che non vogliono prendersi le loro responsabilità. Il perdono passa attraverso la verità.

Cosa farete adesso? Continuare a parlare di Marco? 

Noi adesso vogliamo stare da soli e vivere il nostro dolore per ritrovarci. In questi anni non abbiamo mai avuto un giorno per elaborare il lutto. Sempre di corsa tra avvocati e udienze è stato un continuo correre. Poi, come più volte abbiamo detto, continueremo a tenere alto il nome di Marco attraverso la beneficienza e aiutando i giovani. Io e Valerio attraverso l’aiuto dei giovani faremo da vivere.

Avete paura di rimanere soli? Come affronterete questa fase?

In pace. Sapevamo che prima o poi sarebbe arrivata questa fase ma l’importante è aver raggiunto un obiettivo nella speranza che ai Ciontoli si risvegli la coscienza e prima o poi dicano la verità, quella vero e non quella processuale.

Marco Vannini
Marco Vannini (foto dal web)

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Come sta andando il libro “Mio figlio Marco”?

Ci teniamo a precisare una cosa molto importante. Mio marito e io abbiamo sempre detto che i proventi del libro andrà al comune di Cerveteri e Ladispoli per attività socio culturali. Ogni anno ci sarà un conguaglio del ricavato e a giugno sapremo quanto abbiamo ricavato da donare in beneficienza.

 

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