Tragedia sulla cima dell’Everest: morti due scalatori

Le due vittime, le prime della stagione, sono morte per la stanchezza. Lo ha annunciato Seven Summit Trek.

Ennesima tragedia sulla vetta più alta del continente asiatico, dove due scalatori hanno perso la vita a causa della spossatezza. Lo ha riferito questo giovedì (13 maggio) il Seven Summit Trek, la rete di professionisti che presiede e coordina le escursioni nelle catene montuose del Nepal. Le vittime sono le prime registrate da inizio stagione, da quando la cima del monte Everest – con la sua maestosa altitudine di circa 8850 metri – è stata finalmente riaperta al pubblico.

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Stroncati dalla stanchezza: le identità dei due scalatori

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Stando a quanto riferiscono le fonti ufficiali, citate da Reuters, è stata proprio la fatica a stroncare la vita dei due escursionisti.

Il primo scalatore, di origine elvetica, è Abdul Waraich, 40 anni, morto sfinito dopo aver raggiunto la cima. All’arrivo degli sherpa (gruppo etnico originario del Nepal) sul posto con alimenti e ossigeno non c’era più nulla da fare: lo scalatore era già morto. La seconda vittima è Puwei Liu. Il cittadino statunitense, 55 anni, era riuscito a raggiungere il passo di Hillary – la parete rocciosa quasi verticale alta circa 12 metri, situata all’altitudine di circa 8790 m.s.l.m – quando accusò il primo malore. Anche lui, accecato dalla spossatezza, fu soccorso dagli uomini dell’Himalaya e trasferito al campo 4, dove morì poco dopo.

Secondo le stime riportate dai rapporti locali, sul monte al confine tra Cina e Nepal muoiono in media 5 persone all’anno. Nel 2019 sono stati registrati 11 decessi sull’Everest: l’elevata cifra del numero si deve in parte al considerevole sovraffollamento del sito.

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Quest’anno le autorità del Nepal hanno annunciato il nuovo record dei permessi: 408 rispetto al massimo storico dei 381 del 2019.

Fonte The New York Times

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