L’intervista esclusiva rilasciata a YesLife da Daniele Bartocci, giovane voce del giornalismo nazionale, con un imponente curriculum alle spalle e insignito di riconoscimenti prestigiosi
Daniele Bartocci, classe 1989, è una giovane voce del giornalismo nazionale ma ha già un copioso curriculum alle spalle. Da 17 anni si occupa di argomenti che spaziano dalla cronaca all’attualità ponendo maggior attenzione allo sport. Nativo della città di Jesi, nelle Marche, ha sentito l’esigenza di raccontare in maniera minuziosa e sapiente la realtà intorno a lui fin dalla tenera età di 12 anni, quando ha iniziato a collaborare per alcuni settimanali locali. Un talento precoce che è stato alimentato nel tempo, portandolo a raggiungere traguardi di prestigio.
Nel maggio 2019 è stato designato come miglior giornalista under 30 al ‘Premio Renato Cesarini’. Non solo: menzionato tra i migliori 30 talenti millennials d’Italia 2019, è inoltre vincitore del Myllennium Award all’Accademia di Francia in ambito della comunicazione sportiva, onore replicato l’anno successivo, premiato dal Ministro Sport Vincenzo Spadafora, alla presenza del Presidente Coni Giovanni Malagò. Sempre nel 2020 viene nominato come miglior blogger sportivo 2020 (www.danielebartocci.com).
Si è raccontato in esclusiva a YesLife Magazine.
Suo zio è stato un noto corrispondente Rai e giornalista, Giuseppe Luconi. In che misura e come questa parentela ha influito e inciso sulla sua vita professionale?
Devo molto a mio zio Giuseppe Luconi, scomparso nel 2014, un vero decano dei giornalisti marchigiani che ha trascorso anni della sua vita ad approfondire numerosi aspetti della storia italiana. Mi ha sicuramente insegnato “trucchi” e segreti di questo mestiere, il giornalista, il cui ruolo negli anni si è modificato non poco. Un individuo umile, mio zio Giuseppe, sempre votato ad un giornalismo sincero e preciso, che ha speso decenni della sua vita a raccontare e valorizzare su tutte la città di Jesi (An). Ricordo con piacere tre frasi emblematiche di mio zio: un giornalista deve essere sincero con se stesso per poterlo essere con i lettori; un giornalista deve avere le idee chiare per poter scrivere con chiarezza e farsi capire da tutti; ricordare che il giornalismo non è un privilegio ma un servizio da esercitare con umiltà e sacrificio. Allo zio Giuseppe Luconi la nostra famiglia ha voluto dedicare anche il “Premio giornalismo Giuseppe Luconi” a cui hanno aderito lo scorso anno personaggi importanti del giornalismo come Francesco Giorgino (Rai), Maurizio Compagnoni (Sky), Nicola Binda (Caposervizio Gazzetta dello Sport) e Roberto Petrini (Repubblica).
Una laurea in economia ma poi è passato a una carriera legata al giornalismo, in particolare a quello sportivo: come si conciliano questi due mondi?
Per conciliare questi due mondi ho dovuto sostenere sacrifici e rinunciare anche a del tempo libero. Nello specifico mi sono laureato all’Univpm nel 2013 in Economia e Commercio (laurea magistrale Univpm con 110 e lode) vincendo il premio ‘Talenti per la Crescita’ riservato ai migliori 15 laureati dell’Università Politecnica delle Marche e iniziando a lavorare per il gruppo comunicazione Alceo Moretti, politico e giornalista italiano. In realtà già nel 2011 ero iscritto all’Ordine dei Giornalisti, ma sin da quando avevo 12 anni circa ero solito collaborare con alcuni settimanali della zona e andare in stadi e palazzetti a seguire le squadre della mia città. Ricordo che all’università talvolta ero costretto a saltare alcune lezioni per seguire in diretta delle conferenze stampa riguardo al panorama della cronaca, della politica e dello sport, collaborando in quegli anni anche con il Corriere Adriatico, quotidiano della regione Marche, oltre a realizzare interviste e servizi nel weekend o nei turni infrasettimanali, telecronache e radiocronache nazionali in ambito sportivo. Dovessi tornare indietro, rifarei certamente questi sacrifici legati indissolubilmente alla mia passione per il pianeta del giornalismo.
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É nativo di Jesi, una città di provincia ma che ha regalato molto allo sport italiano. Basti pensare a Roberto Mancini e Valentina Vezzali. Per chi intraprende il suo mestiere, quanto ha inciso crescere in una dimensione pacata di un piccolo centro rispetto a quella più fervente di una grande città? É una marcia in più o è stato un ostacolo nel suo percorso lavorativo?
Diciamo che Jesi ha lanciato vari campioni come Roberto Mancini, Valentina Vezzali, Giovanna Trillini, Elisa di Francisca, Luca Marchegiani. Si tratta di un piccolo centro, tranquillo e dove si vive bene senza le pressioni di una metropoli. Tuttavia a livello giornalistico, soprattutto agli inizi, partendo da una piazza di dimensioni molto limitate non è stato facile avere risonanza specie a livello nazionale: questo per dire che se fossi nato e vissuto a Milano credo che il lavoro di giornalista sarebbe stato in parte ‘agevolato’, per così dire, grazie a un maggior numero di notizie, di club sportivi, di media, di contatti, investimenti generali e sbocchi professionali. Forse sarebbe stata una marcia in più… Ma non mi lamento affatto di vivere qui in quanto le Marche negli anni hanno dimostrato di poter e di saper fare ottime cose non solo dal punto di vista sportivo. Al momento scrivo con passione ed entusiasmo anche per varie testate e blog nazionali.
Ha ricevuto diversi riconoscimenti. É stato eletto “miglior blogger sportivo dell’anno 2020” e “migliore giornalista sportivo giovane” alla cerimonia ‘Premio Renato Cesarini’. Insignito del ‘Myllennium Award’ per due anni consecutivi nel 2019 e 2020. Per un giovane professionista come lei, cosa significa tale attestato di stima?
Mai mi sarei aspettato di vincere premi e riconoscimenti illustri nel corso della mia giovane carriera, giunti in maniera del tutto inaspettata, frutto probabilmente di sacrificio e di apprezzati servizi giornalistici: tra questi, come lei ha correttamente riportato, il premio di miglior blogger sportivo ‘Blog dell’Anno 2020”, di migliore giornalista sportivo giovane alla cerimonia del Renato Cesarini, oltre al premio per talenti millennials Myllennium Award a Roma, condotto da Pierluigi Pardo e premiato nell’occasione dal Ministro Sport Spadafora e dal Presidente Coni Malagò, al Premio Giornalismo Cigana in Friuli, al premio Overtime al Festival Nazionale Racconto e Giornalismo Sportivo, al Premio Inedito Giovanni Arpino di Torino dedicato allo ‘scopritore’ di Marco Travaglio e altri come il premio speciale Cesarini di miglior giornalista under 30 e riconoscimenti come il premio giornalismo Mimmo Ferrara a Napoli e Racconti Sportivi a Torino. Si tratta sicuramente di attestati di stima, di fantastiche giornate trascorse anche insieme alla mia fidanzata Martina lungo la penisola e che ricorderò per sempre, anche perché non sono correlate ad alcun tipo di conoscenza, raccomandazione o ‘aggancio’ professionale, ci tengo a precisarlo. Negli ultimi tempi mi ha fatto molto piacere che Rtl 102,5 mi ha invitato diverse volte in qualità di giornalista in un programma in radiovisione Sky.
In Italia lo sport, in particolare il calcio, ha sempre avuto una funzione sociale di primo piano. Abbiamo avuto fior fiore di giornalisti sempre sul pezzo, volti divenuti iconici, istituzionali direi. C’è qualcuno che in particolar modo sente più affine, che l’ha ispirata particolarmente?
Non credo ci sia qualcuno che mi abbia ispirato particolarmente, se non come detto mio zio Giuseppe Luconi, anche lui amante di sport. Ma dovessi citare in linea generale un giornalista con la schiena diritta e che ha sempre affrontato i fatti in maniera puntuale, sincera e senza condizionamenti esterni – cosa che tutti i giornalisti dovrebbero fare al giorno d’oggi, citerei Massimo Giletti, probabilmente uno dei migliori personaggi del giornalismo. Uno degli slogan che amo, a tal proposito, è il seguente: w il talento, w la meritocrazia e abbasso la raccomandazione.
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Pensa che il giudizio o le parole espresse da un giornalista sportivo abbiamo un peso o una responsabilità sulle performance di alcuni atleti?
Alcuni atleti potrebbero essere condizionati dal commento, dal voto o dal semplice giudizio di un giornalista, soprattutto se non del tutto veritiero o coerente con ciò che sta accadendo ad esempio su un campo da calcio. Il giornalista deve saper svolgere il proprio lavoro con senso di responsabilità, oggettività, onestà intellettuale e senza condizionamenti esterni di alcun tipo. Se il giornalista svolge il suo lavoro in maniera sincera di norma ha la coscienza pulita e non deve rimproverarsi di niente. Anzi talvolta, se il giudizio del giornalista è preciso e costruttivo, ad esempio un calciatore potrebbe essere ancor più motivato a migliorare e innalzare il livello della propria performance agonistica. D’altronde un motto a cui sono particolarmente legato sia a livello personale sia a livello professionale è il seguente: consigli sempre ben accetti ma mai ‘irreversibili’ lezioni di stile… Ecco perché il giornalista deve evitare di dare ‘lezioni’ a qualcuno, di emettere ‘sentenze’ magari anche nei confronti di un vip o di uno sportivo che può non stargli particolarmente simpatico o essere di suo pieno gradimento…Mai commettere questi errori…
Il giornalismo sportivo non è più appannaggio unicamente dell’universo maschile. Sono molte le donne che ricoprono ruoli di primo piano. Tuttavia, crede ci sia reale inclusività in quest’ambito?
Credo che le donne al giorno d’oggi si sono ritagliate ottimi spazi in ambito televisivo-sportivo. Tuttavia non sempre tutte dimostrano una straordinaria competenza sportiva: in altre parole ci sono senza dubbio delle signore o delle ragazze che possono fare affidamento su una brillante conduzione, conoscenza sportiva e competenze professionali. Emblema che studiano, approfondiscono e che sono preparate circa il pianeta sportivo. Ma non proprio tutte tutte, direi, riescono a offrire al pubblico un servizio sportivo di primissimo livello…
Data la sua esperienza in questo settore fino ad oggi, cosa consiglierebbe ad un ragazzo/a che vuole intraprendere la carriera da giornalista?
Sicuramente quello di utilizzare umiltà, motivazione, onestà intellettuale e determinazione, sapendo che dovrà compiere sacrifici economici almeno inizialmente e rinunciare anche a del tempo libero per seguire la difficile strada del giornalismo, sicuramente difficile e con un’audience più consapevole forse rispetto al passato… D’altronde il giornalismo fa rima con passione profonda… Consiglio di evitare il copia-incolla, di partecipare ad eventi sportivi, di essere propositivi, responsabili e dinamici sul campo, nonché di creare pezzi e articoli oggettivi, originali e imparziali aggiungendo quel qualcosa in più che proviene dal proprio polso, sempre con raziocinio e in maniera costruttiva e sincera. Un’idea potrebbe essere quella di lanciare un online channel o un blog così come feci io con il Daniele Bartocci Blog nel 2013. In quel caso, come idea un po’ bizzarra, misi la scritta del blog impressa nel quadrante di un nuovo orologio personale di color rosso e nero che feci crearmi da un designer estero, un’idea personale e per così dire audace per ricordare gli anni della laurea… In particolar modo non dimentichiamo che, come riportato anche da alcuni giornalisti di fama nazionale, fare il giornalista oggi è più difficile rispetto al passato, sfondare in questo campo è tutt’altro che semplice, è raro vedere grandi talenti che emergono. Oggi vari media sono in difficoltà specie in tempi di pandemia e i soldi non circolano più come una volta… Siamo in una situazione particolarmente complessa e delicata come investimenti e performance del panorama media&giornalismo. Occorre essere sinceri su questo. Sognare ad occhi aperti è bello ma poi la realtà dei fatti è un pochino diversa.
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Può parlarci della sua recente fatica editoriale, “Happy Hour da fuoriclasse al BarTocci”?
Il 2020 per me è stato un anno intenso e felice a livello di premi, anche per questo ho deciso di immergermi in una questa nuova avventura letteraria. Il libro “Happy Hour da fuoriclasse al BarTocci” è composto da 212 pagine (compresa una breve biografia) di appunti, racconti, commenti e saggi sportivi utili anche per affrontare le dinamiche del giornalismo nell’era digitale e i trend comunicativi e motivazionali di un leader. Negli anni, tra l’altro, ho tenuto vari lezioni e testimonianze in seminari e convegni in università e master italiani, avevo dunque buon materiale su cui lavorare in ottica “Happy Hour da fuoriclasse al BarTocci”. Analisi sui nuovi trend della comunicazione sportiva ed evoluzione dei format dello sport marketing & business sono alcuni dei temi trattati all’interno del libro che ha un focus particolare su segreti, motivazione, aneddoti di vita privata emozionanti e performance di un manager vincente, Prof. Julio Velasco, nel suo primo anno italiano a Jesi, nelle Marche. In quegli anni (1983-84 Tre Valli Jesi) mio zio Alberto Santoni, fratello di mia madre Rosella, era vice-allenatore in serie A2 di Julio Velasco, il Re Mida del Volley Internazionale e uno dei più grandi manager e motivatori a livello internazionale. Un libro tutto da gustare e che consiglio agli amanti dello sport… Non mi resta che ringraziarla, Daniela, e.. un saluto al caloroso pubblico di YesLife Magazine.