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Covid 19

Covid, ricerche in merito al danno polmonare: le nuove scoperte

Uno studio italo-inglese ha rivelato nuovi importanti dettagli sulla polmonite da Covid-19: ecco come si presenta nei pazienti deceduti

Polmoni (web)

Lo studio di pazienti morti per il coronavirus ha permesso di effettuare nuove importantissime scoperte. In particolare, a lavorare sulla polmonite da Covid sono stati i ricercatori del King’s College London, dell’Università e del Centro di Ingegneria Genetica e Biotecnologie di Trieste.

I risultati, pubblicati sul giornale “Lancet eBioMedicine“, hanno permesso di individuare alcune caratteristiche specifiche della polmonite da Covid. Questi studi spiegherebbero anche perché molti pazienti, pur guariti, manifestino molta difficoltà nel tornare ad una situazione “normale”.

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Covid, nuovi studi sulla polmonite: cosa si è scoperto

Covid-19 (Pixabay)

L’Università di Trieste ha potuto avvalersi delle continue ricerche dell’Istituto di anatomia patologica, che non si sono fermate neanche durante il lockdown. Gli operatori, effettuando l’autopsia sui soggetti deceduti per Covid, hanno portato alla luce un aspetto significativo: diversi di essi presentavano una “sostituzione del tessuto respiratorio del polmone con un tessuto cicatriziale e fibroso“.

Non ho mai visto finora un danno così esteso e con queste caratteristiche” – ha asserito Rossana Bussani, docente di anatomia presso l’Università. Con queste parole, l’esperta ha sottolineato il fatto che, in quasi tutti i reperti, si è potuto registrare un danno polmonare assai esteso.

In particolare, due sono state le osservazioni fatte sui cadaveri dei deceduti per Covid:
-Un’elevata presenza di trombi nelle arterie e vene polmonari.
-Il riscontro di cellule “anormali” anche dopo 30\40 giorni dal ricovero in ospedale.
Questo, per i ricercatori, significa che “Il Covid-19 non è soltanto una malattia causata dalla morte delle cellule infettate dal virus, ma anche dalla persistenza di queste cellule anormali infettate nei polmoni“.

Covid-19 (Getty Images)

Tali deduzioni hanno inoltre spiegato il perché dell’infiammazione e delle trombosi che si registrano nei pazienti. Come rivelato da Mauro Giacca, professore al King’s College di Londra, queste patologie derivano dalla “persistenza del virus per tempi molto lunghi dopo l’infezione, e dalla presenza di queste cellule fuse“.
Le “cellule fuse” sarebbero le cellule normali che vengono contagiate da quelle infette, e che in seguito divengono “anormali”.

Una notizia positiva è il fatto che i ricercatori stanno già lavorando allo studio di nuovi farmaci. Questi dovrebbero impedire che si formino i cosiddetti “sincizi“, ossia che abbia origine la fusione fra cellule infette e cellule sane.

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