Sono giorni di apprensione a Verona per un caso raro di Coronavirus. Il ricovero precauzionale può far ben sperare
Attimi di tensione a Verona per un nuovo caso di Coronavirus. Si tratta di una ragazza milanese di origini orientali che avverte i primi sintomi dell’infezione come comunemente accade fra i pazienti affetti. Raffreddore, mal di gola e una leggera tosse fanno scattare l’allarme presso il Centro Ospedaliero “Sacro Cuore Don Calabria” di Negrar di Valpolicella. La donna si reca prontamente in ospedale con la paura di aver contratto il Coronavirus. I test di tampone effettuati non hanno dato segnali di pericolo per cui è risultato imminente il congedo presso la propria abitazione. Poco più di una settimana dopo, la ragazza manifesta gli stessi sintomi che l’accompagnano alle dipendenze del presidio ospedaliero. Ricoverata d’urgenza, la situazione della giovane donna non sembra avere gravi ripercussioni: la paziente resta sotto la lente d’ingrandimento medica in attesa di sviluppi migliori.
L’alternanza di un ritorno inspiegabile della malattia fanno pensare ad un nuovo ceppo del Coronavirus, ma le ipotesi di un’attitudine mutante sono temporaneamente da scartare. La natura del “caso raro” della malattia resta però un mistero, tanto da divenire oggetto di studio medico-scientifico tra i reparti.
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L’origine molecolare del Coronavirus, appartenente alla sottofamiglia delle Orthocoronavirinae desta sempre più stupore nelle persone che lo contraggono. La malattia sembra avere orizzonti inesplorati come nel caso della ragazza milanese di origini orientali, salvaguardata tutt’oggi dai medici. A confermarlo è il Direttore del Presidio Ospedaliero di Negrar di Valpolicella, Professor Bisoffi, il primo ad aver avuto a che fare con una ventata di novità e perplessità a riguardo. Lo sviluppo della sua tesi, però, tranquillizza gli addetti. Secondo Bisoffi è difficile mettere in piedi l’ipotesi che il Coronavirus si sia presentato la seconda volta nello stesso paziente ma con un ceppo virale sconosciuto rispetto primo. Sarebbe più appropriato mettere in discussione l’analisi superficiale dei due tamponi in fase pre-ricovero.
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La mancata attenzione al prelievo della saliva non avrebbe rilevato la giusta quantità di carica genetica, tale da poter attestarne la comune positività nel paziente.
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