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Il dramma di Ligabue: “Si chiamava Leon. Era un affarino di un chilo appena”

L’artista si racconta in una storia drammatica ed estremamente personale; sul Corriere della Sera si rivela ancora scioccato.

E’ in occasione dell’uscita della sua ultima autobiografia “Una storia”, edito da Mondadori e in uscita in tutte le librerie dal 5 maggio. L’artista emiliano si confida con il giornalista con la sincerità che lo contraddistingue.

(congerdesign – Pixabay)

500 pagine di un libro appassionato e sincero dove Ligabue si racconta, tra storie di vita personale e una carriera musicale trentennale. Tra gli episodi citati durante l’intervista al Corriere della Sera, l’artista cita l’episodio legato ad un terribile lutto. “Si chiamava Leon. Ce lo fecero vedere. Me lo ritrovai in mano: un affarino di un chilo. Aveva i tratti della mamma. Lei disse: è perfetto.”, ha riferito.

La confessione sul bambino morto: “L’ho fatto seppellire nel cimitero degli angeli”

@ligabue_official – Instagram

Dal precedente matrimonio, con Donatella, Ligabue ha avuto il suo primo figlio. Dopo il matrimonio con Barbara Pozzo, conosciuta per caso quando lei era la sua fisioterapista di fiducia, è nata una figlia. Di Leon però ne ha parlato con estremo garbo e un tono di triste malinconia: ” L’ho fatto seppellire in un cimitero che ha un angolo chiamato degli angeli. All’inizio la Barbara ci andava tutti i giorni. Si sentiva come se il suo corpo fosse diventato marcio, incapace di dare la vita… Un pensiero ingiusto, ma il suo “sentire” la faceva stare così. Solo chi ci è passato lo capisce”, avrebbe detto il cantante come riporta Leggo.

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Una rivelazione che spiega momenti drammatici anche della vita delle rockstar. Ligabue non si nasconde dietro le sue parole e racconta di quando, all’apice del successo, abbia deciso di chiudere per sempre con la musica: “Non mi andava di essere etichettato come rocker, di quelli costretti a girare sempre con gli occhiali scuri. Non mi andava di vedere i paparazzi pure a Correggio. Di farmi un nemico a ogni “non posso”. Di avere qualcuno dall’altra parte in attesa di qualcosa da me. Di sentire che avere successo significa svendersi. E poi il solito senso di colpa. Invece mi sono reso conto che potevo fare canzoni per il piacere di farlo. E ho scritto Sulla mia strada: Sono vivo abbastanza…”, ha dichiarato.

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