Coronavirus, la verità sul tasso di mortalità. Secondo il New England Journal of Medicine, il dato potrebbe essere inferiore.
Il tasso di mortalità del coronavirus potrebbe essere inferiore rispetto ai dati annunciati. A riferirlo è Nicola Bedin, presidente di Lifenet Healthcare, che in uno scritto inviato al direttore de Il Foglio, cita una riflessione dell’autorevole New England Journal of Medicine.
Nel mondo, ci sono più di 90mila contagiati da coronavirus. I decessi sono stati più di 3mila, ma secondo Nicola Bedin, presidente di Lifenet Healthcare, il tasso di mortalità potrebbe essere inferiore all’1 per cento.
“La vera criticità del Coronavirus sta nella necessità di ricovero in terapia intensiva, non nel tasso di mortalità ad esso associato. In merito alla gestione dei casi di Coronavirus, il tema vero è che un alto numero di chi ha contratto il virus necessita di essere ricoverato in posti letto di terapia intensiva. In particolare, si deve trattare di letti isolati o “isolabili”, per evitare l’ulteriore diffusione del virus. E qui sorge il problema, affrontato in questi giorni, dovuto alla scarsità di questa tipologia specifica di posti letto. Per quanto riguarda invece la mortalità, credo sia interessante recepire una riflessione dell’autorevole New England Journal of Medicine, che il 28 febbraio ha scritto: “Se assumiamo che il numero dei casi asintomatici […] sia molto più alto del numero dei casi riportati, allora il tasso di mortalità potrebbe essere considerevolmente inferiore all’1 per cento”, scrive Nicola Bedin al direttore de Il Foglio.
In Italia, invece, il numero dei contagi è salito 1.835 con 149 i guariti e 52 i morti. Giovanni Rezza, direttore del dipartimento Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, ai microfoni di Sky Tg24, ha dichiarato:
“Vanno valutate misure di distanziamento sociale: abituare la popolazione in generale a comportarsi in maniera diversa, essere un pò ‘asociali’: non abbracciarsi, non baciarsi, non stringersi la mano, troveremo fonti di saluto alternative, anche in altre parti d’Italia, perché la popolazione si abitui. L’unico modo per evitare la crisi del sistema sanitario è arginare la velocità di diffusione del virus”.
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