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Covid-19, il parere dell’esperto sulla durata dell’epidemia

Il professore emerito dell’Università di Göttingen Luciano Gattinoni in un’intervista alla redazione de Il Tempo ha parlato dell’epidemia di Covid-19 che ha colpito l’Italia.

(Getty Images)

Nella giornata di ieri in Italia, secondo i dati diffusi dalla Protezione Civile, si sono superati i 100mila casi di soggetti positivi da Covid-19, ma si è registrato un calo nei casi di contagio: 1.648 in più rispetto a domenica. A questo dato confortante si è aggiunto anche quello in merito ai guariti che in un solo giorno ha raggiunto i 1.590 (record da quando si è diffusa l’epidemia). In merito all’emergenza scoppiata in Italia ha parlato il professore emerito dell’Università di Göttingen (Germania) Luciano Gattinoni in un’intervista rilasciata alla redazione de Il Tempo.

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Covid-19, il professor Luciano Gattinoni: “La cosa migliore è stare tranquilli, chiusi a casa perché ognuno di noi è un potenziale virus”

(Getty Images)

Luciano Gattinoni, professore emerito dell’Università di Göttingen, ha parlato dell’emergenza da Covid-19 in un’intervista alla redazione de Il Tempo. In merito ai dati di mortalità tra Italia e Germania, rispettivamente sopra l’11% e sotto l’1%, Gattinoni ha affermato che non vi è una spiegazione precisa e si possono solo avanzare delle ipotesi per i dati che si hanno “non sono perfetti“. “Per sapere esattamente di cosa parliamo -prosegue il professore emerito a Il Temponon è tanto il dato della mortalità in genere ma bisognerebbe sapere quanti e qual è la mortalità dei pazienti che sono stati ricoverati, quanti di questi pazienti sono stati trasferiti in terapia intensiva, come è la mortalità di quelli in terapia intensiva e la mortalità di quelli fuori. Questi sarebbero i dati certi. Il resto della mortalità dipende dal denominatore perché il numero che danno dei contagiati è abbastanza ridicolo. Perché probabilmente i contagiati sono 5, 10, 15 volte tanto“. Gattinoni soffermandosi su questi dati afferma che il problema non è l’ospedalizzazione, ma la mancanza di una cura perfetta per stroncare il virus e per questo bisognerà attendere un calo dei contagi e dei ricoveri per capire la mortalità.

Alla domanda del giornalista se il numero delle terapie intensive possa risultare determinante, Gattinoni ha spiegato che sicuramente è importante, ma risulterebbe impensabile avere un numero di terapie intensive che allo stesso tempo permetta di ricoverare il numero di malati che si registra in una situazione di simile emergenza. In merito all’ipotesi avanzata in questi giorni, secondo la quale chi sia vaccinato contro influenza stagionale o tubercolosi possa essere più protetto, Gattinoni crede sia sbagliato. “La vaccinazione – riferisce a Il Temposerve contro degli antigeni specifici e non mi risulta che il bacillo di Koch abbia degli antigeni specifici simili a quelli del coronavirus. Per quello dell’influenza poi mi sembra che la prova provata che non siamo protetti, dato che quasi tutti lo abbiamo fatto, si abbia dal guardare la contagiosità del virus“.

Sulla durata dell’epidemia non ci sono dati certi

Sulla durata dell’epidemia Gattinoni non si sbilancia: “È prematuro dirlo. Quello che dobbiamo fare è, giorno dopo giorno, affrontare questa situazione al meglio delle nostre capacità. Dopodiché lasciamo che si sviluppino i modelli matematici, lasciamo che si accumulino le conoscenze, che si confrontino gli studiosi del settore. E poi vediamo cosa succede. Le previsioni sono giusto previsioni. Quante volte abbiamo sentito dire, tra dieci giorni vedremo, tra dieci giorni vedremo, tra dieci giorni vedremo, e intanto  ne sono passati trenta“.

Il professore conclude raccomandando di rispettare le misure di contenimento che per quanto possano danneggiare la socialità sono fondamentali per evitare il contagio: “La cosa migliore è stare tranquilli, chiusi a casa perché ognuno di noi è un potenziale virus. In Germania? Io sono a Göttingen: qui se alle persone dici di rimanere in casa, lo fanno. Noi adesso abbiamo tre pazienti in rianimazione e abbiamo ancora molti posti, ma tutto si svolge ordinatamente”. 

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“Credo che il caso italiano – ha chiosato il professore– sia servito molto nel mondo, abbia insegnato. La differenza che c’è tra i tedeschi e gli italiani è che gli italiani non sono tedeschi. Le regole, diciamo, i tedeschi tendono a seguirle un filo di più di quanto facciamo noi in Italia“.

 

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