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Economia

Lavorare in azienda in fase 2: regole e accorgimenti

Con la ripresa del lavoro in azienda trovano applicazione alcune regole specifiche, finalizzate alla riduzione del rischio di contagio da Covid-19. I protocolli di sicurezza servono a questo, le faq del ministero della Salute possono chiarire i dubbi in merito.

Scrivania (foto Pixabay)
Nella fase 2 il rischio di contagio sarà gestito dalle aziende e dagli studi professionali, in base a quanto disposto dall’ultimo Dpcm del 26 aprile.
In particolare, le attività produttive dovranno rifarsi ai protocolli del 14 marzo e del 24 aprile scorso.
L’obiettivo è applicare e garantire ai lavoratori adeguati livelli di protezione.
Ma cosa significa in pratica?
Sicuramente, in base all’allegato 4 del Dpcm del 26 marzo è necessario, oltre al lavaggio frequente delle mani e al distanziamento sociale, la pulizia delle superfici “con disinfettanti a base di cloro e alcol” nonché “mettere a disposizione in tutti i locali pubblici, palestre, supermercati, farmacie e altri luoghi di aggregazione, soluzioni idroalcoliche per il lavaggio delle mani“.
Peraltro, il decreto Cura Italia ha previsto un credito di imposta del 50% in relazione alle spese sostenute per la sanificazione degli ambienti di lavoro e l’acquisto di mascherine e protezioni, fino al tetto di 20mila euro.
Anche il singolo lavoratore dovrà provvedere alla sanificazione della propria postazione di lavoro cioè tavoli, scrivanie, tastiere, mouse, touch screen, pulsantiere, distributori automatici, attrezzature varie utilizzando i prodotti forniti dall’azienda.
Ovviamente la sanificazione dovrà avvenire con i prodotti e gli strumenti forniti dal datore di lavoro.
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Cosa rischiano i datori di lavoro inadempienti?

Meeting (foto Pixabay)

Leggi anche —>Fase 2: vi spieghiamo cosa succede se il dipendente si ammala in azienda

L’azienda che non applichi idonee misure di sicurezza rischia la sospensione fino al ripristino delle stesse. Inoltre, nel caso in cui a causa di tali omissioni un lavoratore si ammali di Covid-19, il datore di lavoro nè è responsabile penalmente e civilmente.

Infatti, si tratterebbe di un infortunio sul lavoro, come stabilito dall’articolo 42 comma 2 del decreto Cura Italia nocnhé dalla circolare n. 13 dell’Inail del 3 aprile.

Leggi anche —>Il ministro Patuanelli alla Camera: al lavoro su affitti e bollette per aiutare le PMI

Riunione di lavoro (foto Pixabay)

Al fine di chiarire eventuali dubbi in merito è opportuno consultare il Protocollo siglato da sindacati e imprese con il Governo il 14 marzo, poi integrato il 24 aprile ed inserito come allegato 6 nel DPCM 26 aprile 2020.

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