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Cronaca

Massa Carrara: la Corte d’Assise sulle motivazioni della sentenza Trentini

Massa Carrara: la Corte d’Assise chiarisce su “trattamento di sostegno vitale” nel caso Trentini

(Getty Images)

Definita, dalla Corte d’Assise di Massa Carrara, la motivazione della sentenza con cui aveva assolto Marco Cappato e Mina Welby dall’accusa di istigazione e aiuto al suicidio di Davide Trentini.

Si chiarisce, infatti, che per “trattamento di sostegno vitale” deve intendersi qualsiasi cura che, anche in assenza di macchinari, se interrotta condurrebbe alla morte del paziente; anche non immediata. Si tratta di uno di quei requisiti stabiliti dalla sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale che prevede, così come deciso già sul caso di dj Fabo, che l’agevolazione al suicidio non sia perseguibile.

I due imputati, l’una copresidente l’altro tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, erano stati accusati di aver causato la morte di Davide Trentini; un uomo malato di sclerosi multipla da venticinque anni, deceduto col suicidio assistito in una clinica Svizzera, il 13 luglio 2017.

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Caso Trentini: l’associazione Luca Coscioni rende nota la motivazione di assoluzione per Welby e Cappato

(Getty Images)

Chiarite le motivazione dell’assoluzione della Welby e di Cappato pronunciate dalla Corte d’Assise di Massa Carrara. La mancata assunzione delle cure che condurrebbe alla morte del paziente, anche non immediata, era proprio la situazione in cui versava Davide Trentini; tenuto in vita da quei trattamenti interrompendo i quali sarebbe morto, anche non immediatamente.

Davide Trentini si era rivolto ai due imputati per avere dei chiarimenti sulle modalità da seguire circa la morte volontaria in Svizzera. I due sono intervenuti sia nelle pratiche burocratiche che nella raccolta di fondi per pagare la clinica: per questo sono stati accusati di istigazione e aiuto al suicidio.

(Getty Images)

La definizione del “trattamento di sostegno vitale” chiarisce una questione che potrebbe far luce sul tema dell’eutanasia; stabilisce, infatti, che l’aiuto fornito non è da intendersi come reato. L’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’associazione Coscioni auspica una riforma che possa disciplinare questa materia, ancora carente sotto i vari profili concernenti diritti e libertà dei malati.

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