“Troppo lavoro e stipendi bassi”: suore sul piede di guerra

Suore sul piede di guerra, troppo lavoro e stipendio troppo basso: «Il voto di povertà non implica una vita di miseria. c’è disparità di genere”.

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Suore – Foto Instagram

Troppo lavoro e stipendi troppo bassi per le suore che ora puntano i piedi e chiedono maggiori diritti all’interno della Chiesa. Come riporta Quotidiano.net, attraverso l’organo ufficiale Donne Chiesa Mondo, inserto femminile dell’Osservatore romano, rivendicano orari più normale e un maggiore riconoscimento economico per poter condurre una vita senza fasti, ma più tranquilla.

Le suore chiedono orari più normali e maggiori riconoscimenti economici: “il voto di povertà non presuppone una vita di miseria”

Secondo il giornale, le suore ricevono uno stipendio di 800-900 euro mensili. Tali soldi, però, devono essere restituiti all’ordine di cui fanno parte. Maryanne Lounghry, suora australiana della Misericordia, a tal proposito, ha dichiarato che «la disparità di genere è uno dei nodi, dobbiamo chiederci cosa succede nella nostra Chiesa e nel Paese in cui operiamo». La sorella, membro del Consiglio della Commissione internazionale cattolica sulle migrazioni e consulente per il suo governo, ha invocato «un codice di comportamento, così come esistono le Linee guida per la tutela dei minori. Prassi e regolamenti servono per negoziare necessità, obblighi, diritti; c’è sempre stato qualcuno che l’ha fatto al nostro posto, ma ora nelle congregazioni sono arrivate sorelle più preparate».

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Suore – Foto Instagram

Un altro problema delle suore, secondo Quotidiano.net è capire il percorso di studi che potranno seguire le novizie. Ad oggi, è tutto nelle mani della madre badessa o al superiore dell’ordine maschile cui sono collegate le suore. Infine, Suor Naike, responsabile comunicazione di una diocesi, ha spiegato: «Il voto di povertà non implica una vita di miseria. Senza sussidi garantiti si impara a rispettare il denaro. Quello che noi facciamo è mettere in comune tutte le risorse». Le sorelle di tutto il mondo, dunque, cominciano a rivendicare i propri diritti.

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