Pedopornografia, chat a luci rosse per 20 minorenni

Pedopornografia, dopo aver scoperto la chat degli orrori, scatta immediatamente la denuncia di una madre. 20 minori si scambiavano immagini hard

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chat hard (pixabay)

Succede anche questo ai tempi di Whatsapp, Telegram e applicazioni di messaggistica istantanea e social network. Internet è diventato ormai il nostro fedele amico e piccoli e grandi non ne possono fare a meno, fino a che non accadono eventi come questo. E’ stata scoperta una chat di 20 minorenni in cui circolavano foto hard e compromettenti. A denunciare il fatto è stata una mamma di Lucca, che dopo aver scoperto sul cellulare del figlio 15enne filmati hard con anche bimbi ha deciso di chiamare immediatamente gli agenti di polizia. Stiamo parlando di pedopornografia. La polizia postale e delle comunicazioni insieme al Centro Nazionale Contrasto alla Pedopornografia Online, ha eseguito le perquisizioni nei confronti di minori nelle città di Lucca, Pisa, Cesena, Ferrara, Reggio Emilia, Ancona, Napoli, Milano, Pavia, Varese, Lecce, Roma, Potenza e Vicenza.

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Pedopornografia, 20 minori coinvolti nella chat degli orrori

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20 minori denunciati (pixabay)

20 ragazzi di età compresa tra i 13 e 17 anni si sarebbero scambiati foto hard e orribili. Sui telefoni dei minori gli agenti hanno ritrovato immagini provenienti anche dal dark web con video di suicidi, mutilazioni, decapitazioni di persone a animali ed infine elementi di pedopornografia anche sotto forma di stickers. L’ideatore della chat sarebbe uno di questi ragazzi. I minori sono stati denunciati per i reati di detenzione, divulgazioni, cessione di materiale pedopornografico e istigazione a delinquere aggravata. Secondo le indagini, che proseguono da oltre cinque mesi, i minori provavano gusto in  maniera più o meno consapevole nell’osservare quelle immagini di orribili violenze e con contenuti di alta crudeltà.

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MINORI (pixabay)

Le indagini da parte degli esperti di polizia sono ancora in corso. In particolare gli agenti stanno facendo analisi di tutti i supporti sequestrati al fine di acquisire le prove informatiche e verificare il coinvolgimento di altri soggetti, nonché l’ambito di diffusione del fenomeno.

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