Il coronavirus e la sua letalità in uno studio

Il virologo Giovanni Maga che ha parlato della mortalità del coronavirus commentando il primo grande studio effettuato in Cina sul virus.

Coronavirus
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Il dottor Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pavia, ha commentato il primo grande studio condotto in Cina sul coronavirus ai microfoni dell’Agi (Agenzia Giornalistica Italia). Maga ha spiegato che lo studio conferma le teorie avanzate sino ad ora, ovvero che il 2019-nCoV può risultare letale maggiormente nei soggetti anziani o con patologie pregresse.

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Coronavirus, il virologo Maga commenta lo studio condotto in Cina: “Conferma il quadro che si era già venuto a definire in queste ultime settimane

Paura. Questo riassume in una sola parola quello che si sta vivendo in Italia, soprattutto in Lombardia dove si è registrato un focolaio di coronavirus. Ad ora i casi di contagio sono 130 e due sono le persone decedute a causa del coronavirus. Un bilancio complessivo che nelle ultime ore è cresciuto esponenzialmente. Il professor Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pavia, ha parlato del virus, commentando il più grande studio in merito condotto in Cina, focolaio dell’epidemia. “Il primo grande studio clinico relativo alla morbilità –riferisce il dottor Maga all’Agi quindi relativo all’intensità dei sintomi e della letalità del virus, conferma il quadro che si era già venuto a definire in queste ultime settimane. Siamo di fronte a un’infezione che nell’80% dei casi causa sintomi lievi e all’incirca il 95 per cento delle persone guarisce senza gravi complicazioni”.

I dati –prosegue- ci dicono che soltanto un numero limitato di persone può avere conseguenze anche letali. Soprattutto se si tratta di persone anziane e/o con problemi di salute come malattie cardiovascolari pregresse“.

Maga poi si sofferma sui dati relativi alla mortalità del virus: “La mortalità –riporta l’Agipiù apparentemente elevata nella provincia di Hubei, e in particolare nella città di Wuhan. Dipende probabilmente dalle difficoltà riscontrate soprattutto nelle prime fasi dell’epidemia a fornire un’assistenza puntuale ed adeguata a tutti i casi che si presentavano. Si vede –spiega il virologo- invece come nelle altre province, la gestione dei casi gravi ha consentito di abbassare il tasso di mortalità fino a livelli dello 0,1-0,3%, confermando di nuovo che si tratta di una malattia infettiva in grado di dare conseguenze anche gravi ma in una fascia di persone ben definita e a cui invece l’assoluta maggioranza delle persone risponde senza andare incontro a gravi patologie e quindi risponde con la guarigione“.

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