Intervista a Raimondo Rossi: “Vi spiego la mia idea di fotografia”.

Intervista esclusiva a Raimondo Rossi in arte Ray Morrison. Il grande fotografo di fama internazionale ha raccontato a Yeslife le sue esperienze

Raimondo Rossi, in arte Ray Morrison, è un fotografo di fama internazionale che grazie al suo talento e al suo modo speciale di fotografare è riuscito a far conoscere la sua dote in tutto il mondo. Ray Morrison non sta mai fermo, da Firenze a Roma, da Perugia a Los Angeles. Il suo messaggio arriva chiaro e diretto in ogni parte del mondo.

Matematico, fotografo e stylist per grandi riviste come Vogue. La sua fotografia supera gli schemi e gli stereotipi che la società impone. Curiosi, gli abbiamo fatto delle domande e Ray è stato così gentile e pronto a risponderci.

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Caro Raimondo, da matematico a fotografo, com’è nata la passione per la fotografia, cosa ti ha spinto a cambiare rotta?

E’ iniziata per caso. Dopo la laurea in matematica ho iniziato dei corsi di danza e di teatro. E allo stesso modo ho fatto de corsi di fotografia. Poi iniziando a fare fotografie e a frequentare questi backstage di moda a cui ero invitato, ho iniziato a fare esperienza e grazie anche all’entusiasmo di persone esterne, ho coltivato sempre di più l’interesse.

Qual è stata la tua prima esperienza?

E’ stata a Firenze, c’è la settimana della mode uomo due volte l’anno. Ero andato a vedere e avevo preso l’accredito come fotografo di reportage e quindi lì ho iniziato a vedere i primi backastage ed è stato interessante. Anche se lì ho capito che la moda per me era un po’ ripetitiva e anche un po’ noiosa e quindi ho iniziato da subito a curare la parte dei ritratti dei ragazzi dietro le quinte: i visi, le emozioni, le tensioni. Ero interessato ad un lato meno spettacolare della moda, quello più intimista.

E’ la moda che ha cercato te o te che hai cercato la moda?

E’ stata la moda che ha cercato me. Sono arrivati gli inviti abbastanza velocemente. Senza che io forzassi molto sono arrivati molti inviti sia a Firenze che in altre città. Le persone del settore mi dicevano: “Ti vediamo bene perché oltre alla fotografia hai un modo di porti e vestirti interessante, ma non arrogante. Un’eleganza semplice”. Le due cose insieme hanno spinto designer e press office ad invitarmi. Ho sempre curato questa parte diversa per raccontare a chi  non c’è la moda ed anche per sdrammatizzarla un po’.

Quindi attraverso le tue foto cosa vuoi trasmettere al pubblico?

Mi piacerebbe far vedere che la moda che è interessante e per alcune persone fonte d’ispirazione, vorrei che  si portasse ad un livello senza stereotipi per persone che possano veramente usare la parte buona della moda, che può essere appunto prendere sicurezze, autostima, trovare dei propri modi per proporsi e vestirsi. Sia nella fotografia che nella moda vorrei far vedere che nessuno ha bisogno di copiare idee o voler sembrare altri né nei modi di vestire, né nel viso in nulla.

Pensi di essere arrivato all’obiettivo?

Per la mia visibilità cerco di fare quello che posso. Ho avuto vari messaggi da parte di varie nazioni con cui lavoro e mi seguono. I ritratti, le mie idee danno loro fiducia. Per quello che posso cerco di lanciare questo messaggio di prendere autostima, di creare il proprio stile e la propria personalità. Ovviamente quello che viene richiesto alla fotografia da parte della moda è che sia sempre tutto in ordine e molto perfetto, però la fotografia può dare di più alla moda, che non è quello che si è visto finora.

Essendo un matematico, c’è secondo te un filo conduttore tra la matematica e la tua fotografia?

Io credo di sì, nella mia fotografia c’è un po’ di retaggio matematico, soprattutto con la parte della geometria. Credo che la mia fotografia e il mio modo di pormi un po’ ci sia. Perché la fotografia è molto semplice, gli ingredienti sono pochi ma c’è un’attenzione alle proporzioni. Allo stesso modo nella moda io sono molto attratto dalle destrutturazioni quindi dai volumi un po’ aperti, anche nella moda uomo.

Se dovessi fare una mostra sul coronavirus, cosa vorresti trasmettere attraverso le tue fotografie?

Probabilmente andrei sulla sofferenza, la mostrerei a tutti i livelli: dal bambino, all’adulto, all’anziano al giovane ragazzo forte e palestrato. Ho visto poca disciplina e la vediamo ancora nel mondo per provare a compattarsi contro il coronavirus, comportandosi con rispetto gli uni con gli altri. Vorrei ricordare di rispettare la vita al massimo e quindi farei vedere qualcosa di forte.

Che cos’è per te la fotografia?

Credo che abbia la capacità di fissare un attimo e darle eternità. Quando io vedo le foto degli anni 30 e 40 è come se quella scena e quell’immagine mi potesse ancora parlare e darmi qualcosa. E’ poter dare vita lunga a degli attimi di persone, di situazioni.

Beatrice Manocchio

INTERVISTA INTEGRALE

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