Covid-19, asintomatici: lo studio per comprendere l’esistenza di “tolleranti” al virus

Uno studio dell’Università di Padova stanno analizzando le dinamiche per cui gli asintomatici manifestano in tal modo il Covid-19.

Laboratorio
(Getty Images)

Comprendere il motivo per cui un soggetto si ammala di Covid-19 sino ad indurre reazione del sistema immunitario mortali ed altri invece risultano asintomatici seppur infetti è un punto attualmente al centro della ricerca. Gli scienziati, infatti, sono a lavoro per comprendere quale sia la linea  di discrimine e soprattutto come sia possibile una tale differenza di manifestazione della malattia. Tra le menti illustri, impegnate in questa direzione, ci sono quelle di tre professori dell’Università di Padova: Andrea Crisanti, Stefano Piccolo e Fulvio Ursini.

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Covid-19, chi sono i tolleranti e qual è il motivo per cui sono asintomatici: lo studio

tamponi
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Sino ad oggi la popolazione è stata suddivisa in contagiati, guariti, sani e deceduti. Una ovvia semplificazione che però non corrisponde alla reale complessità del quadro attuale che riguarda i cosiddetti asintomatici“. Questo quanto riferito dal professor Andrea Crisanti alla redazione l’Avvenire. Il microbiologo dell’Università di Padova ha proseguito spiegando chi sono gli asintomatici. Questi ultimi sono sia coloro i quali sono in procinto di ammalarsi, sia chi al contrario rimarrà completamente sano, o come li definisce Crisanti all’Avvenire, tolleranti.

Secondo gli studi ed i dati, la stragrande maggioranza dei soggetti che contraggono il virus non manifesta la malattia perché in grado di convivere con il Sars-Cov2.

Ma qual è il fattore che rende possibile ciò? È questo il punto che i professori dell’Università di Padova stanno cercando di sciogliere. Ed al contempo, ovviamente, capire invece perché alcuni si ammalano in maniera grave. Da un’indagine preliminare, riferisce Crisanti all’Avvenire, parrebbe verosimile poter chiamare in causa il ruolo degli anticorpi. L’organismo, per difendersi dal virus attiva una risposta infiammatoria, ma se questa aggredisce eccessivamente il corpo si manifesta la reazione spropositata e nociva che può portare alla morte.

Un processo già noto agli scienziati che si verifica in caso di tante altre malattie, oppure in casi di allergia, o ancora, quando si registra un cancro. Stefano Piccolo, sul punto, ha riferito che è proprio questa risposta iperaggressiva dell’organismo a rendere manifesta la malattia. Di contro vi sono soggetti che, invece, sono “tolleranti” e che quindi, per non si sa quale ragione, riescono a “convivere” con il patogeno senza che esso faccia allertare l’organismo. L’obbiettivo è, dunque, quello di capire il meccanismo che fa attivare l’una o l’altra reazione.

In passato negli USA era stato condotto un esperimento atto a comprendere questa dinamica. Delle cavie da laboratorio, a cui era stato inoculato un patogeno, sono state suddivise in quelle che avevano registrato una reazione e quelle che invece erano state “tolleranti”. Dalla sezione dei tessuti è emerso che questi ultimi avevano usato le loro riserve di glucosio per cibare i batteri. Questi, una volta soddisfatti, non rappresentavano più un rischio. Il risultato, così spiegato dal dottor Flavio Ursino all’Avvenire, sarebbe di una vitale importanza per conoscere il lato nascosto del meccanismo.

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Una ricerca, dunque, che potrebbe portare a capire cos’è che determina una reazione maggiormente aggressiva dell’organismo in taluni soggetti e cosa invece li rende tolleranti.

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