Intervista a Giorgio Marchesi: “La cosa più bella è quando perdi il controllo di te stesso”

Intervista esclusiva all’ attore Giorgio Marchesi. Ora in tv con L’allieva tre. Insieme abbiamo ripercorso le sue tappe lavorative

giorgio marchesi
Giorgio Marchesi (ufficio stampa)

Giorgio Marchesi è un attore italiano conosciuto per le sue grandi performance a teatro, al cinema e in televisione. Lo abbiamo visto partecipare a film come Romanzo di una strage, A.c.a.b, e serie tv come Un medico in famiglia.

Classe 1974, nato a Bergamo, Giorgio è uno tra gli attori più amati dal pubblico italiano. Ora è in televisione con la nuova stagione L’allieva e noi curiosi gli abbiamo fatto qualche domanda riguardo a questa serie tanto seguita dagli italiani.

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Giorgio marchesi intervista
Mastronardi e Marchesi (ufficio stampa)

Per la nuova stagione dell’allieva è entusiasta della puntate e del suo personaggio?

Io nella stagione precedente ero tra i protagonisti, quest’anno è più una presenza la mia perché per vari motivi non potevo essere presente spessissimo. Per fortuna però il personaggio è rimasto perché ci tenevo, prima di tutto nel rispetto del pubblico dei colleghi e del personaggio, e poi perché è una serie molta amata e quindi fa sempre piacere passare anche solo per un saluto. Ho letto le sceneggiature, cambiava rispetto al solito dove c’era il triangolo amoroso che già era stato vissuto nelle precedenti edizioni, mi è sembrato interessante fare qualcosa di diverso.

Proprio riguardo al suo personaggio, Sergio Einardi, cosa ci racconta?

Sono contento che Sergio Einardi che interpreto dà fiducia per la prima volta ad Alice l’allieva, che non è più allieva ma diventa un medico legale. Sono felice che il mio personaggio in qualche modo avesse questo ruolo di sdoganarla nel mondo del lavoro effettivo e di responsabilità.

Sia teatro che televisione, cosa preferisce?

E’ una domanda sempre difficile a cui rispondere. Io penso che un po’ è la qualità del progetto che ti salva. Il teatro è quello di partenza che ti dà il rapporto diretto con il pubblico, quello che ti permette ogni sera di modificare il tuo lavoro che ti fa più vibrare insieme al pubblico. Ogni sera è diversa e ogni sera è stimolante. La televisione ti offre delle storie molto belle, l’audiovisivo ti permette di essere concentrato in poco tempo devi dare molto, hai poche prove e quindi devi essere molto attento a quello che fai. Un altro lavoro ugualmente interessante. Forse direi teatro anche se in questo momento dovremmo un po’ farne a meno o fruirlo in modo diverso.

Il lavoro post lockdown come è cambiato? Lei come si è trovato?

Meglio di quanto pensassi. L’Allieva è stata proprio interrotta, stavamo girando mancavano due mesi di lavoro. Siamo rimasti bloccati, appesi. Non si sapeva quando si sarebbe ripartito. Alla fine il 15 di giugno abbiamo ripreso con grande coraggio da parte della produzione soprattutto. Questo grande dubbio che si aveva anche rispetto alle nuove regole e alla lentezza che si doveva portare dietro…invece dopo qualche giorno la macchina ha cominciato a funzionare quasi come prima. Per noi voleva dire fare tamponi molto spesso e invece la troupe con grande attenzione ha sempre portato la mascherina e quindi abbiamo lavorato bene. Ripeto meglio di quanto pensassi. Sono uscite le puntate che sono al montaggio e al doppiaggio, in qualche modo la soluzione si è trovato con qualche escamotage, alcune scene che erano all’interno sono state spostate all’esterno, insomma qualche attenzione anche nella scrittura. Ma devo dire che è stato molto coraggioso, perché è stato una delle prime produzioni a ricominciare.

Facciamo un passo indietro. Quando e come è nata la passione per la recitazione?

La passione è nata facendo un corso di teatro. Era un periodo della mia vita in cui avevo fatto di tutti, duecento lavori non avevo assolutamente le idee chiare in testa avevo 23 anni. Ho cominciato a fare questo corso di teatro e alla fine dello spettacolo di fine anno mi hanno proposto di sostituire un attore e da lì è partito un amore clamoroso. Ho letto tutto quello che non avevo mai letto, sono andato a vedere degli spettacoli che non avevo mai visto. Mi sono buttato ciecamente. E’ stato molto bello perché lavoravo in una compagnia non grande dove facevamo tutto tutti: montavamo le scene, viaggiavamo con questo furgone scassato, smontavamo, cena, alle 2 di notte a casa. Questa cosa qua mi affascinava, non certo per denaro perché i denari erano veramente pochi. Però questa cosa qua mi ha permesso di giocare come non facevo da anni, forse è quello che volevo fare inconsciamente, stare da un’altra parte non nella vita reale ma ogni tanto in un’altra vita, in un altro mondo. Sono arrivato a Roma tardi avevo quasi 30 anni.

Caro Giorgio, il pubblico italiano, soprattutto quello femminile lo adora per la sua bravura e la sua bellezza. Come ci si sente ad essere apprezzato e stimato da tutti?

Mi fa molto piacere. Finire lo spettacolo e avere questo rapporto diretto con il pubblico che ti stima, che è venuto e che sinceramente ti fa i complimenti, devo dire che riempie il cuore di gioia. Sono uno che in certe situazioni è pure in imbarazzo e anche abbastanza timido, mi è capitato l’altro giorno per strada…io stavo andando con lo scooter e c’era una macchina che stava attraversando si è fermata, c’era una ragazza abbastanza giovane e guardando mi fa: “complimenti bravo” e io: “Ciao grazie” e siamo ripartiti. Queste cose molto fugaci anche che capitano mi rendono felici forse vuol dire che in qualche modo il tuo lavoro lo stai facendo nel modo migliore.

Un’esperienza che le è rimasta impressa?

E’ sempre difficile scegliere. Ogni lavoro corrisponde ad un periodo della tua vita, in quel momento incontri determinate persone ci fai un viaggio insieme. Tra le esperienze belle potrei dirti umanamente sul set di Mine vaganti perché fu per me la prima volta trovarmi con un cast super importante, c’erano le persone che avevo sempre stimato e improvvisamente ero seduto al tavolo con loro. Mi è capitato per una produzione spagnola, per esempio una cosa che mi è toccato molto è stato un lavoro sull’Aquila. E’ stato un progetto molto forte, sia per le persone che per il luogo.

Per quanto riguarda l’esperienza di Un medico in famiglia cosa ci racconta?

Il mio primo lavoro importante, è stato piacevolissimo e divertentissimo ritrovare lì Lino Banfi e poi anche quella è stata una sorta di piccola famiglia. Ho un grandissimo ricordo e una grandissima riconoscenza a Marco Levi.

Progetti futuri o in corso?

In corso no, è uscito ora un audiolibro di cui vado molto fiero che è il “Partigiano Jonny” di Fenoglio. Sto aspettando alcune risposte.

Un’ultima domanda, come descriverebbe la recitazione con tre aggettivi?

Divertente, impegnativa e folle. Perché se non ha un po’ una vena di pazzia, se non ti lasci andare a quello che non sai di te stesso e degli altri è difficile.

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Ogni tanto, anzi la cosa più bella è quando perdi il controllo di te stesso e la cosa funziona senza essere pericoloso per gli altri. Però andare in aree pericolose anche di te stesso è interessante.

Beatrice Manocchio

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