La paura nel cervello: la ricerca si avvia verso la cura dello stress post-traumatico

Nuovi progressi nel campo delle neuroscienze: l’ultimo studio ha individuato l’archivio della paura in una nuova area cerebrale.

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Cervello (Pixabay) yeslifemagazine.it

Felice notizia dal campo delle neuroscienze. La nuova conquista neuroscientifica ha come protagonista la paura. Contrariamente al pensiero comune, questa emozione ha una doppia valenza; pertanto, può definirsi al tempo stesso positiva e negativa.

La paura ha infatti importanza evolutiva ed è ancora oggi essenziale per la nostra sopravvivenza. Si tratta di un’emozione primaria di difesa innescata da una situazione considerata pericolosa.

Generalmente, la sua comparsa innesca una pronta risposta organica: la cosiddetta reazione primitiva di fight-or-flight, in italiano “combatti o fuggi”. Si tratta della reazione neuronale dell‘adrenalina, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo ad affrontare la situazione d’emergenza.

Scoperta una nuova area neuronale della paura: verso la cura dello stress post-traumatico

 

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Compreso il linguaggio biochimico della paura, non dovrebbe sorprendere la notizia riportata dall’Ansa circa il recente studio sull’origine di tale emozione. Che il cervello sia sede principale della paura è infatti una verità incontrovertibile. La principale casa neuronale della paura finora conosciuta è l’amigdala: una piccola ghianda localizzata nel lobo temporale, davanti al più grande archivio delle nostre esperienze: l’ippocampo.

La sorprendente novità, però, riguarda la scoperta di una nuova area cerebrale coinvolta nelle dinamiche di questa emozione primaria di difesa. Stando alla recente conquista neuroscientifica riportata dall’Ansa, la paura non è confinata alla sola amigdala. La ricerca condotta dall’Universita’ della California a Riverside ha evidenziato il ruolo dell’ippocampo, quale archivio primario del ricordo pauroso.

In seguito, però, la traccia mnestica si avvia alla sua maturazione, distaccando definitivamente dall’ippocampo. Dall’esito dello studio è emerso il netto passaggio del ricordo negativo dal grande archivio verso l‘interno della corteccia prefrontale, sede dei cosiddetti neuroni della memoria: l’intera area era illuminata durante la fase sperimentale di richiamo dell’evento traumatico remoto sui topi da laboratorio.

Il fenomeno è stato spiegato nel dettaglio dal biologo e conduttore della ricerca Jun-Hyeong Cho. Stando alle sue esplicazioni, la memoria prefrontale è sede neuronale dei circuiti adibiti al rinforzo positivo di eventi traumatici negativi: è l’area dell’archiviazione permanente”. La nuova scoperta apre la strada alla cura dello stress post-traumatico: il prossimo passo del team di ricerca presieduto da Cho sarà verificare la possibile soppressione di tali ricordi attraverso l’indebolimento selettivo dei rispettivi circuiti neuronali.

Fonte Ansa

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