Bassetti rivela: “Il Covid a marzo era una tigre assassina, oggi è un gatto selvatico addomesticabile”

Alcuni esperti continuano a mettere in luce il grande cambiamento del Covid-19,catturando spesso critiche da altri infettivologi e virologi. Matteo Bassetti ha rilasciato alcune dichiarazioni in cui ha spiegato cosa è successo tra marzo e giugno. 

Dati Covid19 biomarcatori
Studi Covid19 – Pexels

Il Covid-19 continua a diffondersi nel mondo: i sistemi sanitari continuano a collassare mentre il numero delle vittime cresce giorno dopo giorno. In Italia, tuttavia, dopo alcuni mesi infernali la situazione sta diventando meno catastrofica. Il bollettino di oggi è molto positivo: i nuovi casi individuati nelle ultime 24 ore sono 178 (il dato più basso dall’inizio dell’epidemia) con 60 decessi. Nella giornata di ieri, il direttore della terapia intensiva del San Raffale di Milano Zangrillo ha spiegato che il virus può considerarsi clinicamente scomparso. Le sue parole hanno catturato subito numerosissime critiche, soprattutto da altri esperti. Nella giornata odierna, però, Il direttore della clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova Matteo Bassetti ha sostenuto e alimentato le frasi del collega.

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Covid-19, le parole del virologo Matteo Bassetti

Vaccino anti-Covid (pixabay)
Vaccino anti-Covid (pixabay)

Bassetti ha innanzitutto spiegato la grande differenza tra marzo e aprile e oggi. “I pazienti con il Covid che si presentano oggi alla nostra attenzione sono profondamente diversi da quelli che arrivavano nei nostri ospedali a marzo/ aprile”. Il virologo ha usato un paragone alquanto curioso per spiegare cosa sta accadendo: “A marzo/aprile il Covid era una tigre assassina, oggi è un gatto selvatico addomesticabile.

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Coronavirus Africa numeri preoccupanti
(Getty Images)

Bassetti ha elogiato il suo collega Zangrillo, finito nel mirino della critica per le sue dichiarazioni di ieri, condividendo ogni parola dell’intervista. “La malattia che vediamo oggi è molto diversa rispetto a quella di due mesi fa. Questa sensazione non la possiede solo Zangrillo ma tutti noi che siamo sul campo”. 

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