Marco Bergamo: il lucido e spietato accoltellatore di Bolzano

Il 17 ottobre 2017 muore, all’età di 51 anni, Marco Bergamo, noto come il mostro di Bolzano. Cinque gli omicidi imputatigli.

Il mostro di Bolzano: un killer spietato
Marco Bergamo (screenshot da Facebook)

Il 17 ottobre 2017 muore Marco Bergamo, il mostro di Bolzano. L’uomo che per otto anni ha terrorizzato la città è entrato in coma, dopo il ricovero in ospedale per un’infezione polmonare, e non si è più risvegliato. Si trovava nel carcere di Bollate a Milano e stava scontando la sua condanna.

Dopo l’arresto, l’uomo confesserà solo tre dei cinque omicidi imputatigli attribuendo gli altri due a qualcun altro definito, dallo stesso Bergamo, come ben “più pericoloso”. Tuttavia, il modus operanti dei delitti risultava analogo in tutti i casi e perciò gli saranno addebitati quattro ergastoli più trent’anni di reclusione.

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Il mostro di Bolzano: il caso di Marco Bergamo

 

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Schivo e timido, colpito da più d’una problematica, a soli 19 anni, Marco Bergamo uccide la sua prima vittima: si tratta di una quindicenne, vicina di casa, trovata priva di vita sul pavimento della sua abitazione. Le coltellate ricevute denoteranno un’operazione eseguita non con casualità, ma con perfetta maestria e conoscenza approfondita del corpo umano.

Dopo soli sei mesi, il 26 giugno 1985, il killer colpisce ancora. Questa volta sarà Annamaria Cipolletti a farne le spese. Accoltellata diciannove volte, il mostro farà incetta di indumenti intimi della donna, ma non risulteranno segni di violenza sessuale sul corpo della vittima.

Renate Rauch,  Renate Troger , Marika Zorzi, moriranno accoltellate nel 1992. A poche ore dal suo ultimo omicidio, Marco Bergamo viene fermato dalla polizia a bordo della sua auto. La tappezzeria strappata, alcune macchie di sangue, i documenti appartenenti alla Zorzi e rinvenuti nel bagagliaio così come la presenza sul luogo del delitto di uno specchietto retrovisore non lasciano dubbi sul suo diretto coinvolgimento.

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Le perizie eseguite durante l’iter processuale dimostrarono che l’uomo fosse perfettamente in grado di intendere e volere quando commetteva i suoi delitti. Fu definito come chi, affetto da “perversione sadica”, uccideva per “possedere” le donne.

 

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