Il caso Dominique Green: quando il colore della pelle definisce l’accusa. Intitolato parco a Roma

Un caso che ha coinvolto un minore, condannato a morte per omicidio e rapina. Un caso penale ma anche politico.

Si tratta di un caso che ha fatto la storia degli Stati Uniti. Dominique Jerome Green è stato un cittadino statunitense, nato a Houston il 14 maggio 1974 e che fu condannato alla pena capitale per reati commessi quando ancora era un minorenne. Nato da una famiglia afroamericana di condizioni economiche svantaggiate, ha vissuto con la madre che soffriva pesantemente di disturbi psichiatrici.

caso Dominique Green
graffiti (Foto Pixabay)

A 17 anni, quando i genitori erano già separati, fu arrestato per un omicidio compiuto durante una rapina. Secondo “la legge delle bande”, il ragazzo era complice nel delitto benchè si è sempre dichiarato innocente. Di fatto, sul caso non sono stati applicati gli stessi principi di giustizia della popolazione americana. Durante l’interrogatorio non gli venne concesso neanche la difesa di un avvocato.

Le sue ultime parole strazianti, il corpo portato in maniera clandestina in Italia: a Roma parco intitolato al giovane

caso Dominique Green
Bambino afroamericano (Foto Pixabay)

Gli altri partecipanti accusarono Dominique Green e ottennero in cambio il patteggiamento della pena e l’assunzione di colpa. Vennero in poco tempo liberati. L’avvocato d’ufficio che venne affidato a Green presentò in ritardo i documenti che avrebbero potuto salvarlo.

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Il ragazzo rimase quindi in carcere coltivando la passione per la poesia e per il disegno. Dopo un anno dall’arresto, nell’agosto 1993, si tenne il processo e il giovanissimo Dominique Green venne condannato a morte. La sua condanna venne definita senza alcuna vera prova a suo carico.

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Dominique Green morì a seguito dell’iniezione letale il 27 ottobre 2004. Durante gli anni in carcere e fino all’ultimo, le sue parole furono strazianti e toccanti: Non sono arrabbiato, sono solo deluso che mi sia stata negata giustizia. Ma sono contento che mi siate stati concessi voi come amici e familiari. Vi voglio bene. Per favore, continuate la battaglia. Mi dispiace, non sono così forte come credevo di poter essere. Ma immagino che farà male solo per un istante. Voi siete la mia famiglia. Vi prego, tenete viva la mia memoria“.

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